CINEMA E SOSTENIBILITÀ

di Giuseppe Lepore

La sostenibilità ambientale

“La sostenibilità è la caratteristica di un processo o di uno stato che può essere mantenuto a un certo livello indefinitamente. In ambito ambientale, economico e sociale, essa è il processo di cambiamento nel quale lo sfruttamento delle risorse, il piano degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e le modifiche istituzionali sono tutti in sintonia e valorizzano il potenziale attuale e futuro al fine di far fronte ai bisogni e alle aspirazioni dell’uomo. Il principio guida della sostenibilità è lo sviluppo sostenibile, che riguarda, in modo interconnesso, l’ambito ambientale, quello economico e quello sociale.” (1)

I tre pilastri (economico, sociale, ambientale) dello sviluppo sostenibile sono interconnessi, tanto che, in una prospettiva a lungo termine, nessuno dei tre può sussistere senza gli altri.

La sostenibilità è quindi la possibilità di portare avanti a tempo indeterminato un certo comportamento o un modello socio-economico. Questo implica un equilibrio tra il consumo di risorse e la loro rigenerazione, così come tra la produzione di inquinanti e la loro naturale eliminazione.

Ma la sostenibilità è anche la condizione per cui la generazione presente soddisfa i suoi bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri (presenza contemporanea dei tre pilastri della sostenibilità).

Possiamo definire la sostenibilità ambientale anche attraverso le 3 condizioni di Herman Daly. Un sistema umano può essere eco-sostenibile solo se:

(1) La velocità con cui si sfruttano le risorse rinnovabili è inferiore a quella con cui si rigenerano.

(2) L’immissione di particelle inquinanti e scorie nell’ambiente non supera la sua capacità di assimilarle, cioè la sua capacità di carico.

(3) L’esaurimento di risorse non rinnovabili si compensa passando a risorse rinnovabili sostitutive (molto in teoria, i limiti sono davvero importanti).

Con le prime due condizioni che costituiscono in pratica la resilienza in natura e quindi la sua capacità di autoregolazione.

La sostenibilità: fisicamente impossibile (2)

La termodinamica, è il risultato della nostra comprensione della natura, quindi dell’ambiente, e definisce chiaramente le regole del gioco, note come i principi della termodinamica, il cui contenuto ai nostri fini può essere riassunto nei seguenti concetti: nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma; è impossibile in natura realizzare un processo spontaneamente reversibile, ogni trasformazione porta a un degrado costante delle risorse – massa ed energia – che entrano nel processo. La misura di questa tassa da pagare è detta entropia, che possiamo quindi considerare anche come una misura delle scorie della trasformazione; i processi non spontanei o reversibili oltre a produrre entropia, hanno anche bisogno di lavoro per poter accadere; è quindi impossibile realizzare un processo che sia efficiente al 100%.

E’ chiaro quindi l’equivoco in cui viviamo ritenendo che la sostenibilità possa permettere realmente all’uomo di vivere lasciando il nostro pianeta come l’abbiamo trovato. Inoltre, efficienza e irreversibilità ci suggeriscono che per quanto possiamo essere tecnicamente bravi a realizzare un processo sulla Terra, non saremo mai perfetti e quell’imperfezione non è altro che il nostro inquinamento del pianeta.

In realtà la Terra non è un sistema isolato: può scambiare energia – solare – permettendoci di tradire in parte il primo principio della termodinamica. La flora, la fauna e tutti gli esseri viventi si nutrono di questa energia, così come ogni forma di energia accumulata sul nostro pianeta, legna, olio di balena, vento, acqua, forza dei cavalli e dell’uomo, idrocarburi, ecc. non sono altro che il frutto dell’energia del Sole. Ma se da una parte possiamo imparare, come stiamo facendo, ad usare l’energia del sole senza bruciare rapidamente ciò che il sole stesso ha prodotto in milioni di anni, non saremo mai in grado di non produrre scorie, risultato della termodinamica e delle trasformazioni necessarie per la nostra società, che non potranno mai più rientrare nel ciclo produttivo.

Non risolvono inoltre il problema, anche se di grande aiuto, processi di riciclo o recupero. Anche questi sono processi termodinamici i cui risultati in parte saranno nuove scorie non più utilizzabili. Quindi, ogni nostro sforzo non sarà mai in grado di violare la termodinamica e inoltre molte trasformazioni ci conducono nello spazio abiotico, in altre parole, dove non può esistere la vita.

La sostenibilità nel settore del cinema e dell’audiovisivo

Parlare di sostenibilità nel settore cinematografico e dell’audiovisivo ha senso – con i limiti di cui sopra – solo in un’ottica di sensibilizzare tutti i soggetti coinvolti a comportamenti il più possibile etici e responsabili. Uscire da luoghi comuni (parlare di green o filosofeggiare di ambiente o mettere marchietti vari non è fare sostenibilità tutt’altro) e concentrarsi, magari adottando come riferimento degli strumenti normativi internazionali a disposizione, sul come realmente è possibile ridurre l’impatto di un determinato progetto sulla società e sull’intero ecosistema.

Tutte le società e/o organizzazioni della filiera, quindi dalla Ideazione allo Sviluppo, Realizzazione, Gestione e Promozione di progetti cinematografici, televisivi ed audiovisivi dovrebbero strutturare un proprio modello organizzativo finalizzato alla gestione etica delle loro attività dal punto di vista economico, sociale e, quindi, ambientale in generale. Significa adottare ed implementare un sistema di gestione che risponda ai requisiti della norma ISO 14001 oggi in edizione 2015 (unico riferimento internazionale e comprensivo di ogni aspetto) questo permetterebbe di approcciare il tema della sostenibilità a tutto tondo e gestendo/tenendo in conto – particolare assolutamente non trascurabile – anche l’intera filiera delle parti interessante e le loro esigenze e quindi con la visione dell’intero eco-sistema. Schemi focalizzati su micro-aspetti, filiere, prodotti o schemi autodefiniti non è fare sostenibilità ma marketing (o al massimo ricerca su qualche aspetto specifico), va bene uguale, ma è un’altra cosa salvo impattare negativamente sul consumo di risorse e quindi sulla giusta sostenibilità a cui ambiamo.

Ma il punto di partenza? Sicuramente il progetto – una selezione in testa – con un’analisi ambientale sull’idea e quindi una stima di quello che può essere l’impatto sull’ambiente e sul consumo delle risorse costituisce un buon punto di partenza. Vogliamo fare sostenibilità? Facciamo partire soltanto progetti che oltre ad avere un positivo quadro economico finanziario in termini di previsioni, una degna valenza culturale e magari un impatto anche sulle comunità coinvolte non lascino un’eredità in termini di consumo risorse, emissioni e produzione rifiuti che vanifica certamente a lungo termine i benefici, a breve, economici e sociali. Obiettivo di tutti è quello di ritardare quanto più possibile l’inarrestabile marcia verso lo spazio abiotico.  (GL/CertineWS, riproduzione vietata ©).

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  1. da What is sustainability, su globalfootprints.org
  2. Giovanni Mazzitelli, Fisico INFN

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