Nucleare: una risorsa per l’occupazione?

Da tempo si parla in Italia del ritorno all’energia nucleare: secondo Enel, per la costruzione di ogni reattore si possono individuare quattro fasi distinte, ognuna delle quali richiede competenze e figure professionali diverse. La progettazione degli impianti, il montaggio in situ, l’esercizio e il decommissioning sono processi lunghi, che creano posti di lavoro per almeno 70 anni. Si stima che nei cinque anni di durata media della costruzione di una centrale, le posizioni lavorative siano 9.000, di cui 3.000 legate direttamente all’impianto, e 6.000 indirette, legate all’indotto economico generato. In fase di esercizio, che si estende per 60 anni, si prevedono fino a 1.300 posti, da suddividere tra posizione interne e posizioni indotte all’esterno. Infine in fase di decommissioning, per cui possono essere necessari anche dieci anni, saranno disponibili 150 posti di lavoro. A questi numeri se ne aggiungono molti altri, di difficile calcolo e previsione, relativi ai posti di lavoro generati dall’indotto economico della centrale. Gli ambiti occupazionali abbracciano un’ampia gamma di figure professionali: operatori specializzati con diplomi in meccanica, manutenzione, chimica, sistemi elettrici e protezione radiologica; a livello superiore, non solo laureati in Ingegneria Nucleare, ma anche Ingegneri meccanici, chimici, elettrici ed elettronici. Naturalmente il dibattito è aperto sulla compatibilità di tutto questo con la tutela dell’ambiente e della salute delle persone che risiedono nelle vicinanze delle centrali. (Fonte CertineWs)

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