Nucleare, Merkel spegne sette centrali. La Germania punta ora sulle rinnovabili

L’annuncio giunge mentre in tre land della Germania sono previste elezioni nel corso del mese, con la questione nucleare che potrebbe far pendere la bilancia contro il partito Cdu della Merkel. La maggior parte dei tedeschi si oppone all’energia nucleare. La Merkel aveva premuto l’anno scorso per prolungare la vita delle centrali nucleari, contro il parere dell’opposizione. Ieri ha annunciato una moratoria di tre mesi su questa decisione. Oggi è stato chiarito che durante la moratoria verrà fermata l’attività nei sette impianti costruiti prima del 1980. La moratoria verrà anche utilizzata per accelerare la ricerca in vista della transizione verso energie rinnovabili. «Vogliamo impiegare il tempo della moratoria per affrettare la nostra transizione energetica», ha detto la Merkel.

Oltre la metà degli impianti nucleari tedeschi sarà fuori uso nei prossimi tre mesi in seguito alla decisione della cancelliera Angela Merkel di ‘spegnere temporaneamente tutte le centrali messe in servizio in Germania prima del 1980. Questa decisione, infatti, riguarda sette impianti su 17, ma un impianto – quello di Kruemmel, nello Schleswig-Holstein (nord), inaugurato nel 1983 – è già chiuso dal 2009 a causa di problemi tecnici. Il settore nucleare tedesco, quindi, opererà solo con nove impianti nei prossimi tre mesi, durante i quali verranno eseguiti i controlli sulla sicurezza dei reattori annunciati dalla stessa Merkel. Controlli, questi, che verranno estesi comunque anche alle centrali che rimarranno in attività. I sette impianti che verranno disattivati sono quelli di Neckarwestheim I e Philippsburg I nel Baden-Wuerttemberg, di Isar I in Baviera, di Biblis A e Biblis B in Assia, di Unterweser nella Bassa Sassonia e di Brunsbuettel nello Schleswig-Holstein. Nel complesso, i 17 impianti tedeschi forniscono il 23% del fabbisogno energetico del Paese.
Secondo Aribert Peters, dell’Unione dei consumatori d’energia, “lo spegnimento delle sette centrali, deciso dal governo, non dovrebbe produrre contraccolpi né per l’economia, né per il consumatore, né caro-bolletta né problemi di produzione d’elettricità”.
Dopo la svolta della Merkel sul nucleare i mercati secondo lui scommettono su prezzi stabili. Forse hanno le loro ragioni, non aspettatevi militantismo per l’ambiente o voglia di prati fioriti alla Borsa di Francoforte. Per il sistema Germania, spiegano Dietmar Edler e Marlene O’Sullivan in un rapporto per l’istituto economico DIW, le energie rinnovabili e alternative sono diventate un affare. Come con le Bmw e le Mercedes, con gli Airbus e gli Eurofighter, anche qui il made in Germany è il meglio sul mercato. Dal 2007 al 2009, gli investimenti nelle energie rinnovabili sono passati da 11,4 a 20,4 miliardi di euro. Il fatturato del comparto, export incluso, è sui 21 miliardi di euro, quindi in tre anni è cresciuto di quasi il 40%. Anche attraverso il 2009 della grande crisi economica e finanziaria internazionale. Fondi pubblici e sgravi fiscali aiutano la crescita. Una produzione di energia elettrica affidata al 100% alle rinnovabili è possibile entro il 2050, dice il ministero di Roettgen, e il governo si è posto l’obiettivo di arrivare all’80%. “La maggioranza di centrodestra dovrebbe fare di più e non solo chiudere centrali prima di elezioni difficili”, nota Baerbel Hohn, una delle più ascoltate leader dei Verdi. Ma cela appena la soddisfazione per come il centrodestra e l’establishment stanno facendo propri i valori costitutivi del movimento ecologista. Consenso trasversale non dichiarato, in nome delle cifre: mentre i reattori nucleari tedeschi danno lavoro, secondo i Gruenen, a circa 30mila persone, gli occupati nel comparto delle rinnovabili sono aumentati dai 277mila del 2007 ai circa 340mila attuali. Continueranno a crescere a lungo, prima che il comparto diventi saturo come auto o siderurgia. “L’addio al nucleare potrà essere un processo lungo, discutiamo apertamente se ci vorrano dieci o vent’anni o quanti, ma è possibile”, pensa il leader dei Verdi europei, Daniel Cohn-Bendit. (Certinews.it)

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