Donna in fin di vita, causa mucca pazza: le carni italiane sono sicure?

all’istituto superiore di Sanità, informato nell’ottobre del 2009 dal Besta di Milano. E’ infatti al centro neurologico milanese che la donna si era rivolta: da tempo non si sentiva bene, soffriva di vertigini, difficoltà nei movimenti della braccia e delle gambe. Visite, controlli, esami. In un referto, uno specialista toscano aveva ipotizzato proprio la variante umana della mucca pazza dal momento che l’altra, la Creutzfeld-Jakob “classica”, colpisce di solito persone più in là negli anni. Dieci giorni di ricovero al Besta sotto la guida del neuropatologo Fabrizio Tagliavini, esperto di malattie da prioni, e tutti gli esami hanno confermato le ombre. Il peggioramento è stato progressivo. Non è possibile nemmeno sapere quando sia venuta a contatto con il prione che ha provocato la malattia: si ipotizza alla fine degli Anni Novanta, i tempi di incubazione sono incerti e lunghi, anche oltre i dieci anni. Si sa che la paziente è stata all’estero, ma per brevi soggiorni di vacanza. La certezza di essere davanti al secondo caso italiano di mucca pazza, (la prima vittima, nel 2003 fu una studentessa siciliana di 27 anni ),si può averlo soltanto dopo l’autopsia.Il ministero della Salute assicura, assieme a quello del Lavoro e dell’Agricoltura che le attuali misure normative e di gestione vigenti in Italia, siano idonee a garantire la sicurezza degli allevamenti. Il divieto di utilizzo delle farine di carne per l’alimentazione dei bovini è in vigore dal dicembre 2000 e la donna toscana dovrebbe aver contratto l’infezione precedentemente. La Cia, Confederazione italiana agricoltori, raccomanda di evitare gli allarmismi inutili, poichè il morbo Bse sarebbe stato vinto con l’introduzione, a partire dal 2002, di un sistema obbligatorio di etichettatura. Quest’ultimo consente con un codice di identificazione, di conoscere l’origine della carne acquistata con riferimento agli Stati di nascita, di ingrasso, macellazione e sezionamento. (Fonte CertineWs)

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