Libia, l’Italia sceglie l’intervento. I critici: “Motivazioni umanitarie pretestuose”

L’operazione «Odissey Dawn» è giunta al terzo giorno e domenica ha visto esordire nei combattimenti anche i Tornado italiani che sono stati impegnati nel distruggere i sistemi radar libici. L’operazione sarebbe perfettamente riuscita. I nostri Tornado sono poi regolarmente ritornati alla base di Trapani da cui erano decollati. Secondo l’ammiraglio americano Mike Mullen, capo degli Stati maggiori riuniti Usa la prima ondata di attacchi ha permesso di stabilire la no-fly zone sulla Libia. Ora comincia la seconda fase quella che prevede l’attacco alle forze di rifornimento delle truppe del Colonnello Gheddafi.
Ma il regime libico starebbe reagendo usando mezzi non convenzionali. Il Regno Unito ha detto che una delle proprie missioni di bombardamento sulla Libia è stata annullata domenica per evitare di fare vittime tra i civili. «Riteniamo che un numero indefinito di civili si siano spostati nell’area che intendevamo prendere come obiettivo», ha riferito il ministero della Difesa inglese. La televisione di Stato libica ha affermato che i sostenitori di Gheddafi si sono diretti verso gli aeroporti per fungere da scudi umani.
Una notizia quest’ultima confermata anche dagli insorti che sostengono che le forze fedeli a Gheddafi stiano portando civili a Misurata dalle città vicine proprio per usarli come scudi umani.

Oltre ai bombardamenti da parte dei caccia sono continuati anche gli attacchi dai mezzi non aerei. «Per la seconda volta, anche il Regno Unito ha lanciato dal Mediterraneo missili (da crociera) Tomahawk da un sommergibile di classe Trafalgar nel quadro di un piano coordinato della coalizione per applicare la risoluzione» del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ha spiegato il generale John Lorimer, in un comunicato del ministero della difesa britannico, ricordando il nuovo attacco da sottomarino effettuato dalle forze armate del Regno Unito.

SI COMBATTE PER IL PETROLIO?

In molti in queste ore hanno manifestato perplessità riguardo l’intervento italiano in Libia. Anche un giornale molto vicino al Governo, Libero, diretto da Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro ha titolato con un inequivocabile: “Guerra da matti”. Nel duro editoriale Feltri stenta a credere che le motiviazioni siano di carattere “umanitario”, e sostiene che mettere fuori gioco Gheddafi, “persona abietta e ignobile” gioverà solo a far posto a gente peggio del raìs.

Dai pozzi petroliferi libici, ormai, non fuoriescono che 400mila barili di greggio al giorno, o forse meno, contro gli 1,58 milioni di febbraio e gli 1,385 milioni dell’inizio di marzo. Gli ultimi tecnici e gli altri dipendenti delle compagnie straniere stanno abbandonando il Paese: l’Eni, ad esempio, ha concluso le operazioni di rimpatrio del personale.
L’incertezza sull’impatto della crisi libica sui mercati internazionali del petrolio è massima, anche perchè alla guerra nel Mediterraneo si aggiungono le domande sulle necessità energetiche del Giappone dopo il terremoto e la distruzione dell’impianto nucleare di Fukushima. Venerdì, dopo l’annuncio (vero o falso che fosse) del cessate il fuoco da parte delle truppe fedeli a Gheddafi, i prezzi del greggio sono scesi a 113,93 dollari il Brent a Londra ed a 101,07 il Wti a New York. Le tensioni legate all’attacco aereo su Tripoli potrebbero riportare i prezzi a livelli più elevati, anche se le reazioni dei mercati non sempre sono scontate.

Questa la situazione fotografata a 24 ore dall’inizio dell’attacco. Ne discuteranno oggi a Bruxelles i ministri dell’Energia, per l’Italia Paolo Romani, insieme con le azioni da intraprendere per la sicurezza degli impianti nucleari europei. É una guerra per il petrolio, quella che si combatte sulle coste libiche? Molti si pongono questa domanda, anche in Italia. Certo, il greggio della Libia è tanto, e naturalmente fa gola. (Fonte CertineWs)

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