Professioni non regolamentate: avanza la legge “a norma UNI”

Oltre che la qualificazione delle professioni non regolamentate, la finalità preminente della proposta è la garanzia e la tutela degli utenti, sia tramite l’attivazione di appositi sportelli di riferimento presso le specifiche organizzazioni professionali, sia promuovendo l’autoregolamentazione volontaria basata sul rispetto delle norme UNI.

Secondo l’art. 6 infatti “…la qualificazione della prestazione professionale si basa sulla conformità della medesima a norme tecniche UNI ISO, UNI EN ISO, UNI EN e UNI … I requisiti, le competenze, le modalità di esercizio dell’attività e le modalità di comunicazione verso l’utente individuate dalla normativa tecnica UNI costituiscono princìpi e criteri generali che disciplinano l’esercizio auto-regolamentato della singola attività professionale e ne assicurano la qualificazione…” e secondo l’art. 9 “…gli organismi di certificazione accreditati dall’organismo unico nazionale di accreditamento ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, possono rilasciare, su richiesta del singolo professionista anche non iscritto ad alcuna associazione, il certificato di conformità alla norma tecnica UNI definita per la singola professione…”.

Ricordiamo che esistono già alcune norme UNI che definiscono i requisiti di specifiche attività professionali e altre sono in corso di elaborazione presso la commissione tecnica UNI “Attività professionali non regolamentate” secondo uno schema unico di riferimento coerente con i principi dell’European Qualification Framework (EQF).

Il testo presentato in aula è stato approvato con minimi emendamenti ed ha raccolto ampio consenso bipartisan con l’astensione della Lega Nord Padania e il parere contrario dell’Italia dei Valori. Durante la discussione dei singoli articoli è emersa un’indicazione interessante per lo sviluppo futuro della disciplina Siliquini (Popolo e Territorio) circa l’opportunità di “mantenere una distinzione che non è esclusivamente lessicale e formale, ma sostanziale, tra coloro che prestano servizi e coloro che esercitano una professione intellettuale, poichè la seconda prevede un percorso, che le qualifica, più lo svolgimento di un esame di Stato. Entrambi hanno diritto di lavorare in Italia, ma nelle caselle giuste; le professioni intellettuali sono quelle previste dall’ordinamento italiano, mentre gli esercenti i servizi sono dei cittadini che non possono apporre sulla porta del loro studio e dei loro locali il titolo di «professionista intellettuale»”.

Nelle dichiarazioni finali di voto secondo Gianni Vernetti del Gruppo Misto – API “è un fatto estremamente positivo che, dopo così tanti anni, giunga alla discussione e all’auspicatissima approvazione dell’Aula questo provvedimento… non si tratta di costruire nuove infrastrutture , nuove strutture ordinistiche, ma si tratta di dare nell’interesse degli utenti e dei consumatori quella forma minima di riconoscimento, di certificazione, come giustamente prevede questo provvedimento che ne permette una loro definizione più puntuale, che conduca questi professionisti alle doverose, giuste, necessarie e certificate attività di aggiornamento e formazione professionale”.

Per Enzo Raisi di Futuro e Libertà per il Terzo Polo “è stato compiuto un grande passo in avanti da parte del provvedimento in esame che finalmente dà visibilità, credibilità e certezza giuridica a quelli che fino ad oggi erano dei veri e propri clandestini del mercato, cioè le professioni non regolamentate e non riconosciute. Tante volte abbiamo detto che bisogna dare un futuro ai giovani: creando queste nuove professioni, dando una visibilità giuridica e una certezza giuridica a queste nuove professioni, finalmente diamo anche la possibilità a tanti giovani di entrare nel mercato del lavoro. Questa è l’altra grande conquista che forse è stata poco sottolineata. È un grande atout che si dà ad un’intera generazione per creare nuove professioni richieste dal mercato”.

Per Amedeo Ciccanti dell’Unione di Centro “la regolamentazione non significa appesantire di nuove regole il settore dei servizi, come ho potuto ascoltare durante il dibattito sugli articoli. Si tratta di un registro, collocato presso il Ministero dello sviluppo economico, dove ognuno può iscriversi liberamente, senza esclusività o obbligo di iscrizione. L’iscrizione è solo una condizione di trasparenza, di conoscenza. Anzi, con un emendamento della Commissione è stata anche stabilita la pubblicazione del registro sulla rete Internet. Più trasparenza di questa non si può”.

Secondo Erminio Angelo Quartiani del Partito Democratico “con questa proposta di legge rilanciamo un percorso di liberalizzazione delle professioni non ordinistiche, riconosciute da una norma di valore nazionale che le accompagna lungo un percorso di rafforzamento di quella rete associativa di autorganizzazione e di autoregolamentazione che è il solo sistema in grado di evitare di riprodurre nuovi ordini e nuovi albi. Servizi qualificati alle imprese rendono il tessuto delle nostre piccole e micro imprese più competitivo, rendono le nostre piccole e micro imprese capaci di creare valore, con ricadute positive in termini di innovazione, di occupazione e di produttività. Non è un caso che il Ministero di riferimento per le professioni regolamentate diventi quello dello sviluppo economico”.

Per Stefano Saglia del Popolo della Libertà “viene oggi a crearsi, con questo intervento normativo, un mercato regolato, se vogliamo usare un inglesismo, un mercato light, nel quale debbono esservi dei precisi standard qualitativi e dei riscontri professionali che possano essere riconoscibili da parte del cittadino consumatore, proprio perché il secondo aspetto che desideravo sottolineare, ossia la tutela del consumatore, è al centro delle dinamiche delle politiche europee e deve essere al centro anche delle dinamiche della politica economica italiana. Laddove il cittadino accede ad un servizio, egli deve potere avere informazioni adeguate e, soprattutto, la garanzia che quel professionista risponda correttamente ai criteri di qualità e di competenza che verranno poi disciplinati…facendo riferimento, soprattutto per quanto riguarda le certificazioni, al sistema UNI, alla credibilità ed al valore, quindi, di queste certificazioni, ed in particolar modo a quello dell’agenzia Accredia che consente di potere offrire quel percorso di qualità che siamo convinti molte delle associazioni oggi non riconosciute, desidereranno compiere nei prossimi mesi e nei prossimi anni, utilizzando questo valido strumento normativo”. (Fonte CertineWs)

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